giovedì 26 agosto 2010

Mente e bellezza. Arte, creatività, innovazione (scheda di presentazione)

Ugo Morelli
Mente e Bellezza
Arte, creatività, innovazione

Umberto Allemandi & C. Torino 2010

“L’arte è stata inventata per accompagnare la gente
nelle illusioni della vita”
[Ettore Sottsass jr.]

“La realtà è per chi non riesce a sostenere il sogno”
[Slavoj Zizek]




La bellezza può assumere tante dimensioni nella nostra vita e nella nostra esperienza. Può avere a che fare con un canone che si afferma in un certo periodo e cambiare con il tempo. Può riguardare forme espressive differenti e la forma esteriore di un oggetto o di una persona. La bellezza riguarda, però, anche la concezione di sé e la pienezza del proprio sentimento di se stessi e del mondo. In questo senso può indicare la capacità di ascolto delle risonanze del proprio mondo interno in relazione con gli altri e il mondo esterno. In tal senso riguarda lo stile, inteso come un gesto verso il mondo. Può, finalmente, descrivere l’elaborazione del conflitto estetico che ci porta a cercare l’espressione di noi stessi oltre i limiti delle nostre stesse possibilità. Fra il gesto o l’atto creativo dell’artista e del poeta e l’esperienza creativa di ognuno di noi esiste una differenza d’intensità ma anche una continuità. Nadezda Mandel’stam ha scritto:
“Mi sembra che per un poeta le allucinazioni dell’udito interiore siano una specie di malattia professionale. La poesia comincia così. Molti poeti lo hanno detto […..] : al loro orecchio risuona ossessiva, prima informe, poi sempre più definita, ma ancora senza parole, una frase musicale. Mi è capitato più volte di vedere Mandel’stam che cercava di liberarsi da uno di questi ritornelli, di scuoterselo di dosso, di sottrarsi al suo potere. Scrollava la testa come per fare uscire una goccia d’acqua penetrata nell’orecchio durante il bagno”.
Ognuno di noi si è sentito almeno una volta attraversato dalla necessità di esprimere qualcosa che sente e che connette il suo mondo interno agli altri e al mondo esterno. L’elaborazione di quella tensione può dar vita a processi creativi e il riconoscimento e la condivisione possono generare esperienze estetiche.
Siamo diventati una specie creativa per natura e la tensione a non coincidere con noi stessi è figlia della nostra evoluzione.
Ogni atto creativo, compresa l’ipotesi di ricerca fondativa di questo libro, si situa nel punto di contingenza tra memoria e futuro. È un gesto drammatico, di interruzione almeno parziale degli orizzonti di senso consolidati, dove la storia diviene la base sicura per il suo stesso superamento. Nel momento in cui la tensione rinviante, che genera la creazione, s’incontra e risuona con un altro in una relazione e in un contesto, dà vita all’esperienza estetica, come esperienza relazionale e sociale.
Almeno una volta nella vita ognuno di noi si sarà chiesto che cosa ci incanta di fronte a un paesaggio? Perché ci commuove una sinfonia? Quando ci perdiamo in un quadro o nelle forme di una scultura cosa ci sta accadendo? Perché creare o affrontare l’inedito, quello che prima non c’era, ci attrae e ci fa paura allo stesso tempo? Come fa un verso di una poesia a risuonare in noi fino al pianto?
Se ci chiediamo che cosa rende affini e proprie della storia umana situazioni come quelle descritte, il contenuto di questo libro può fornire qualche risposta. È l’esperienza estetica ad accomunare le situazioni in cui ci troviamo a vivere l’inatteso, l’avvento di ciò che prima non c’era, il lampo improvviso da cui scaturisce una creazione, l’attivazione della risonanza incarnata che ne sostiene il riconoscimento e la condivisione. Di cosa parliamo, allora. quando parliamo di arte ed esperienza estetica? Questo libro, frutto di dieci anni di ricerca pluridisciplinare, ipotizza che l’esperienza estetica, l’arte e la creatività, abbiano a che fare con una peculiarità evolutiva di noi esseri umani, la tensione rinviante, che ci distingue come individui relazionali che non coincidono mai con se stessi e con quello che sono già. In questa tensione emerge la creazione artistica e la creatività nella vita umana come la conosciamo, essendo noi una specie naturalmente creativa. L’immaginazione e la creatività, che ci consentono di inventare mondi possibili, non sembrano solo frutto di attività cognitive separate dal corpo, ma di menti relazionali incarnate e dei loro affetti ed emozioni nell’emergere dei sentimenti della vita.
La tensione che ci distingue rinvia al liminale, cioè al margine di noi stessi dove ci confrontiamo con la trascendenza e il terrore; all’ineluttabile, riguardante l’impossibilità di fare a meno di esprimere la tensione a cercare e creare; all’inaudito, caratterizzante il discontinuo e l’inatteso; all’eccedente, che trascende il consueto, l’utile e l’esistente; all’universale, per l’attesa di riconoscimento di quanto espresso e creato. La tensione rinviante, da cui emergono esperienze estetiche e creative, si esprime, secondo l’ipotesi di questo libro, in almeno cinque ambiti: la creazione artistica; la nascita delle ipotesi scientifiche; l’innamoramento e l’amore; la genesi del sacro; la progettualità politica.
Robert Louis Stevenson, pensando alla grande letteratura, parlava della sua forma “plastica”, quella capacità cioè di rappresentare i sentimenti interni più profondi descrivendo con le parole i più semplici gesti quotidiani.
Le emozioni estetiche, i sentimenti e le esperienze di creazione e fruizione che da esse emergono, su cui i capitoli del libro si concentrano, sono proprietà evolutive nella storia della nostra specie. Con l’esperienza estetica noi esseri umani realizziamo in modo evidente la nostra distinzione a tendere verso la discontinuità e la creazione dell’inedito, essendo ogni individuo della specie caratterizzato dalla possibilità di immaginazione ed estensione, quella possibilità che ci permette di andare oltre l’esistente e il consueto per generare quello che prima non c’era. La capacità di creare e inventare nuovi oggetti culturali sembra essere un tratto distintivo specie specifico degli esseri umani; essa non ha a che fare solo con l’apprendimento, ma anche con la fantasia, l’immaginazione, l’invenzione e le relazioni di condivisione di oggetti culturali nuovi.
La nostra generatività è biologico-evolutiva e creativa allo stesso tempo. Un approccio di naturalismo relazionale, interazionista e non riduzionista, con vocazione neodisciplinare, può contribuire a integrare le conoscenze per giungere a una visione appropriata del rapporto fra mente umana, arte, creatività e innovazione. Siamo in grado oggi di sostenere che nell’esperienza estetica è come se la selezione naturale fosse l’accordatore di pianoforti e la distinzione umana fosse il compositore di sinfonie. A questo siamo giunti attraverso la nostra evoluzione. Il libro mira a riconoscere la dimensione storico-evolutiva, neuro-fenomenologica e relazionale dell’esperienza estetica. L’obiettivo è mettere in tensione l’unicità dell’esperienza creativa umana con la sua emergenza evolutiva. L’esame del nucleo profondo della creazione artistica mostra così i processi mediante i quali giungiamo sia a esprimere la creatività nella vita quotidiana, come composizione e ricomposizione originale di repertori disponibili, sia l’espressione di quelle consistenze che sanno di eternità, esiti perfetti in ogni loro piega, che sono le opere d’arte.
Si scoprono così connessioni e differenze tra le diverse manifestazioni di quella dimensione distintiva dell’umano che è la non coincidenza con se stessi e la tensione rinviante alla ricerca dell’inedito, di quello che prima non c’era. E’ per questo che l’ipotesi del libro sostiene che noi umani sperimentiamo la tensione creativa e istituiamo discontinuità inaudite degli orizzonti di senso nella creazione artistica, nell’elaborazione del sacro, nella formulazione di ipotesi scientifiche, nella progettualità politica e nell’amore. Lo sviluppo dell’ipotesi è contenuta, in particolare nei tre capitoli iniziali del libro. I cinque capitoli successivi approfondiscono i molteplici aspetti dell’esperienza estetica e creativa, a partire da un “viaggio” nella mente del fruitore d’arte, per cercare di riconoscere le affinità con la mente del creatore e dell’artista. I processi di risonanza incarnata, fino alle espressioni più uniche e sublimi, dall’estasi al comico, dell’esperienza estetica, sono considerate alla luce delle conoscenze riguardanti la mente relazionale umana. Gli ultimi tre capitoli sono dedicati ai vincoli e alle possibilità dell’immaginazione e dell’esperienza estetica, con riguardo particolare ai processi che favoriscono o ostacolano la genesi della creatività umana. Le immagini contenute nel libro si configurano come altrettanti testi che documentano alcuni dei passaggi più rilevati dell’estensione e dell’espressione creatrice. Quelle immagini sono altrettante icone delle infinite situazioni della vita quotidiana in cui l’esperienza estetica emerge dentro e intorno a noi.


Come sono arrivato a sviluppare la mia ricerca sull’esperienza estetica e l’estensione creativa, in quanto tratti distintivi essenziali per comprendere la storia, il presente e il possibile di noi esseri umani?
Sono giunto a occuparmi dell’esperienza estetica e della creatività umana come evoluzione degli interessi di ricerca originari riguardanti la dimensione relazionale, immateriale e simbolica di alcune delle più rilevanti questioni della vita individuale e sociale. All’origine furono gli aspetti della dissonanza cognitiva e culturale e del disagio affettivo nelle esperienze migratorie. Mi interessavano in particolare le implicazioni psicologiche come lo spaesamento e la malinconia. L’insoddisfazione per gli approcci disciplinari dominanti mi fece accogliere i segnali dell’evoluzione epistemologica e paradigmatica in atto a metà degli anno ‘70 del ventesimo secolo. Ne emerse una crescente attenzione transdisciplinare e una scelta verso l’orientamento epistemologico della complessità. L’esigenza di fondare su un’epistemologia naturalista e sul metodo della ricerca le teorie delle scienze dell’uomo e della vita, divenne l’ispirazione principale del mio lavoro di ricerca. Tra i primi oggetti di studio vi furono gli aspetti simbolici e immateriali del lavoro umano e della vita organizzativa, insieme alle dimensioni intangibili dei lavori di cura, di educazione e di servizio.
Orientato e guidato da Giovanni Pellicciari iniziai a studiare Elliot Jaques e incontrai Luigi Pagliarani a Milano al Gruppo antiH. Mi avvicinai così alla dimensione profonda delle dinamiche del mondo interno come fonte per la comprensione degli aspetti più distintivi dell’esperienza umana.
Diveniva però progressivamente evidente l’attrazione che esercitavano su di me i processi mentali umani e, in particolare, l’apprendimento, il conflitto e il rapporto tra conformismo, discontinuità e innovazione.
L’incontro con il pensiero di Gregory Bateson, Jerome Bruner, Paul Watzlawick, Francisco Varela, Heinz von Foerster, segnarono una svolta fondativa verso la rilevanza della relazione, della comunicazione, del senso e del significato nello studio del comportamento umano.
Mi resi ben presto conto che fenomeni come l’apprendimento, l’organizzazione, il lavoro e il conflitto hanno matrici comuni nei processi che regolano le relazioni umane e i vincoli e le possibilità di conoscere e cambiare idea.
Ancora una volta erano il simbolico, l’immaginazione, la creatività e il livello profondo della fenomenologia dell’esperienza a essere rilevanti per la comprensione del comportamento e dell’esperienza degli esseri umani.
L’interesse della mia ricerca si è così rivolto sempre più all’analisi delle risposte umane alle pressanti manifestazioni dell’impermanenza, della discontinuità, dell’indecidibile, dell’incertezza come fonti generative della creatività e dell’innovazione. Si è così fatta avanti l’ipotesi che la distinzione umana, emergente dai processi evolutivi, riguardi in maniera peculiare la nostra creatività. Siamo una specie creativa che tende verso l’inedito, ciò che ancora non c‘è. Allo stesso tempo è divenuto importante studiare i sistemi difensivi che attiviamo di fronte alla transitorietà. Unitamente alle ansie primarie e secondarie emergenti nelle dinamiche dei legami sociali, l’azione creativa e la concezione e generazione progettuale dell’inedito sono temi di elevata rilevanza per l’individuazione, l’autorealizzazione e l’estensione nell’esperienza umana. Le loro ricadute riguardano non solo la vita sociale ma anche l’apprendimento, l’educazione e la democrazia.
La connessione tra scienze cognitive, neuroscienze e fenomenologia, in particolare secondo gli orientamenti di Francisco Varela e Vittorio Gallese, mi hanno permesso di affrontare, a livello di ricerca e applicazioni educative e formative, quell’area di interdipendenza tra esperienza estetica, arte, creatività e innovazione che è alla base di questo libro. La formulazione dell’ipotesi della tensione rinviante come carattere distintivo specie specifico di homo sapiens è approfondita nell’articolazione dei capitoli del libro ed è ora proposta alla discussione e al confronto. Quell’ipotesi esplora la frontiera e il margine dove diveniamo umani, dove ognuno crea e diviene se stesso; esplora la fugacità consistente propria dell’esperienza estetica, dell’arte e della bellezza, ma anche dell’essenza della vita, a ben pensarci.

3 commenti:

  1. Da quanto leggo mi sembra che il concetto di “tensione rinviante” riesca ad esprimere in modo preciso ed euristicamente stimolante quel fenomeno naturale che denota l’emergenza, in Homo, di una peculiare singolarità: l’emergenza dell’esperire estetico, così singolare che ha fatto ritenere alla mente stessa che i fenomeni che in essa si esprimono (l’arte, la conoscenza, l’amore, il sacro) venissero da fuori della mente umana e della natura, da un infinito altrove. Mi pare che il libro, proponendo invece un’indagine sull’esperienza estetica possibile ad una mente incarnata, raccolga una delle sfide più appassionanti che il ventesimo secolo ha consegnato al ventunesimo: approfondire la comprensione del nesso tra mente e materia (che si collega ai quesiti sul modo specificamente umano di essere animale e all’interrogativo più generale sui fenomeni dell’emergenza e sui molteplici livelli di complessità in rerum natura).
    Potremmo ripercorrere, pensando al concetto di “tensione rinviante”, i momenti chiave nella storia della filosofia. In Aristotele (De anima), la fantasia è una sorta di «movimento generato dalla sensazione in atto», ma non è riducibile alla sensazione; fantasia che è comune all’uomo e agli animali, ma che è al tempo stesso condizione del pensare specificamente umano; fantasia che è alla base del “tendere” (“appetito”) di tutti gli animali, perché non si può «possedere appetito senza la fantasia», ma che nell’uomo si caratterizza col diventare fantasia deliberativa. In Plotino, «la rappresentazione immaginativa è intermedia tra l’impronta della natura e il pensare» (Enneadi, IV, 4, XIII). Si potrebbe continuare e ciò dimostra che il concetto di “tensione rinviante” ha una proprietà caratteristica dei concetti euristicamente fecondi: cioè quella di sollecitare una rilettura critica di concezioni, aporie e ipotesi teoriche precedenti.

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  2. Dall'intervento di Luca Mori si può ricavare che il tentativo di comprendere per via naturale il comportamento umano e le sue peculiarità distintive appartiene alla storia dell'interrogazione dell'essere umano su se stesso. Gli esiti di quell'interrogazione hanno a lungo distratto da una prospettiva di autofondazione, difficile e per molti aspetti insostenibile, forse proprio per la "tensione a rinviare". Quella tensione a rinviare ha prodotto un "rinviare ad altro" piuttosto che un "rinviare a se stesso" per homo sapiens. Un sapere senza fondamenti e la ricerca dell'autofondazione, soprattutto nel campo della creatività e della generatività estetica potrebbe portare ad un'umanità in grado di riconoscere le proprie possibilità mentre accoglie i propri limiti.

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